LE DISUGUAGLIANZE AL TEMPO DEL COVID

Se esiste una legge nella storia, è che nei periodi di crisi molti soffrono e alcuni ci guadagnano. 

Banale? Forse, ma è una banalità che stiamo vivendo sulla nostra pelle.
Stiamo attraversando un periodo inedito sotto tutti i punti di vista, uno sconvolgimento delle nostre abitudini ed in generale del sistema economico e sociale del paese/mondo non paragonabile a nessun evento storico simile.
In questa crisi mondiale però, affermare che tutti stiamo pagando un prezzo è semplicemente un’affermazione falsa.
I molti stanno pagando, e fra questi vi sono quelli che non si riprenderanno mai più dal danno economico o psicologico che la pandemia globale gli ha inferto.
I pochi però, coloro che regnano sulle lande della finanza e dei grandi capitali, sono nel pieno del loro “Rinascimento”.
Questa parola, ormai già abbondantemente violata dopo essere stata usata da un certo senatore di Rignano per adulare i suoi datori di lavoro sauditi, risulta quanto di più sgradevole per dipingere il fenomeno di cui siamo testimoni. 

Eppure i multimiliardari non hanno mai conosciuto una ricchezza simile a quella odierna, dicono i dati. 

E’ difficile affermare che ci sia un solo aspetto di giustizia, nel fatto che nel momento in cui il mondo moderno sta affrontando una minaccia di tale portata, coloro per cui il sacrificio potrebbe essere di qualunque entità senza che neanche ne accorgano, vivano invece il tempo del loro massimo splendore.
Si sa, i beni sono distribuiti fra gli umani in modo diseguale e questo difficilmente cambierà, almeno finché non avremo accesso ad un livello tecnologico tale per cui la mancanza di risorse non sarà più un problema (ma questa è fantasia ovviamente). 

E’ difficilmente negabile anche che nei paesi più evoluti esista una classe egemone le cui capacità economiche, conoscenza del mercato e possibilità di usufruire delle migliori menti del pianeta siano tali per cui le masse gli riservino la massima condiscendenza, in cambio del benessere che la tecnologia da loro prodotta fa discendere sulla popolazione. 

Sarebbe davvero un gran sollievo se questa condiscendenza fosse meritata, se il guadagno di costoro fosse proporzionale al reale contributo dato alla società.
Ma diciamolo: se questo fosse vero, come potrebbe essere accettabile che, proprio nelle crisi, essi trovino il terreno fertile per divenire più ricchi che mai?
Mentre coloro che il giorno prima compravano i loro strumenti, ora sono disoccupati? Quando coloro, quasi tutti in verità, che si sfamavano degli avanzi del loro pasto, ora lottano per una briciola di pane? 

E’ chiaro che quando si è abituati a essere guidati in questa maniera, possa essere più doloroso sforzarsi per cambiare che accettare di essere sacrificati per alimentare la ricchezza del proprio pastore. 

Una ricchezza che surclassa ogni altra.
L’entità di una ricchezza poi, altro non è che ciò che la società accetta di garantire a chi la possiede. Che senso avrebbe una ricchezza personale tale per cui un’intera società non avrebbe la capacità di ripagarla? Specialmente una società che si impoverisce.
Secondo me questo paradosso può spiegare l’inganno che si cela di fronte alle cifre dei patrimoni che durante il tempo del Covid lievitano, si gonfiano.
Il numero di zeri sul conto diventa un metro di paragone verso i propri simili, lo scettro del comando per il quale un’umanità in crisi può accettare di essere guidata. 

Una capacità virtuale di acquistare tutto ciò che è in vendita, ma soprattutto una capacità sostanziale di influenzare il pensiero e la vita dei cittadini dei paesi dominanti.
Plutocrazia, non sarebbe solo una parola, ma una realtà che viviamo da molto tempo.

Orizzonte Oro

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