DISCARICA PODERE ROTA
La regione sceglie al posto dell’economia circolare l’ampliamento di discariche e inceneritori
Un richiamo alle scelte della regione Toscana in materia di rifiuti, la logica perseguita è legata all’accentramento dei servizi (in regione sono presenti tre soli ATO rifiuti) e si è fatto ricorso ad un massiccio intervento del privato nella gestione e smaltimento.
Il piano regionale dei rifiuti è fermo al 2014 e in questi anni non si è puntato ad una raccolta differenziata spinta ad una riduzione dei rifiuti e alla loro valorizzazione in qualità di materia prima secondaria e svilupparne una filiera, come da tempo è stato richiesto dalla Comunità Europea.
La riduzione, la raccolta differenziata ed il riuso dei rifiuti hanno il pregio di avere alte ricadute occupazionali e avere un basso impatto ambientale, mentre nell’attuale gestione sono imposte logiche di profitto, business (sia dei privati che dei soci pubblici che detengono gli impianti) e gli affari si fanno con inceneritori e discariche. Quindi le logiche di gestione non sono legate all’interesse collettivo e le aziende sono sempre più lontane dai cittadini e spesso anche i comuni (che non detengono l’impiantistica) contano poco e niente.
Con queste logiche, nell’ATO toscana sud, i gestori (misti pubblico-privati) sia dell’inceneritore di San Zeno ad Arezzo sia della Discarica di Podere Rota a Terranuova Bracciolini hanno chiesto un ampliamento.
Per la discarica è stato chiesto un ampliamento per i rifiuti speciali, rifiuti che arrivano in parte dalla Toscana, ma anche da tutta Italia, il 40% dei volumi è a disposizione del socio privato (proprio per i rifiuti speciali) in regime di libero mercato.
Si Tratta del quarto ampliamento richiesto, nel grafico (ripreso da un articolo di Catia Naldini del Comitato “Vittime Podere Rota”) viene evidenziato in modo chiaro come ad ogni ampliamento vi sia stato un aumento a dismisura dei rifiuti conferiti in discarica.
Allo stato attuale nella discarica confluiscono mediamente più di 250.000 tonnellate di rifiuti ogni anno e solo una piccolissima parte sono i rifiuti urbani provenienti dal Valdarno aretino.
Una parte arriva per far fronte ad emergenze di altre regioni, poco più di 100.000 tonnellate dall’ATO sud e di questi oltre 1/3 avviati al selettore o al compostaggio; mentre quasi 200.000 tonnellate arrivano da fuori ATO e di queste ¾ finiscono in discarica. Quindi rifiuti che arrivano da fuori, sono circa il doppio di quelli prodotti dal nostro ambito territoriale (grafico ripreso da un articolo di Catia Naldini).
La stessa composizione relativamente alla provenienza si riscontra anche per i rifiuti conferiti all’inceneritore di San Zeno.
Infine l’impianto di compostaggio di Podere Rota produce un compost di pessima qualità, chiaramente legato ad una scadente raccolta differenziata, tanto che circa il 99% finisce addirittura in discarica a danno della capacità complessiva della medesima.
L’impianto di Podere Rota è sito nel comune di Terranuova Bracciolini, ma essendo collocato al confine con il comune di San Giovanni Valdarno è proprio questo comune che subisce i maggiori disagi sia in termini di traffico per il conferimento, sia per gli odori provenienti dalla discarica.
Ma è soprattutto l’inquinamento delle acque sia di superfice sia sotterranee, già in essere da tempo, dovrebbe costituire il motivo per negare questo ulteriore ampliamento. Si parla da tempo di inquinamento diffuso nell’area, ma non è stato valutato attentamente il contributo dato dal percolato della discarica, che oltretutto è collocata in un territorio molto fragile (quello delle balze) caratterizzato da zone franose.
La zona è a vocazione agricola e quindi non vi sono altre attività che possano essere responsabili dell’inquinamento da tempo rilevato nei pozzi ad uso privato della zona e documentato a più riprese nelle relazioni dell’ARPAT. L’Azienda Regionale ha segnalato a più riprese il superamento delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione per numerosi parametri da cui emergerebbe una propagazione del percolato di discarica verso valle; questi dati sono stati confermati anche dalla U.S.L.
La falda di fondovalle risulta contaminata da composti organo alogenati, tipici del percolato di discariche, e altrettanto risulta inquinato anche il torrente Riofi, che scorre nei pressi della discarica. Il comune di San Giovanni Valdarno si approvvigiona da pozzi posti, come la discarica, in riva destra di Arno e piuttosto vicini in linea d’area alla discarica.
L’impianto ha anche un forte impatto paesaggistico, collocato in un paesaggio agrario che aveva mantenuto le caratteristiche tradizionali. Intorno alla discarica ci sono colline con piccoli e storici insediamenti abitativi e la visione dall’alto dell’impianto ne mostra la totale estraneità rispetto al contesto.
Un altro problema particolarmente sentito dalla cittadinanza di San Giovanni è l’emissione di odori sgradevoli da parte dell’impianto, l’azione di demolizione dei composti organici è la fase in cui le emissioni odorigene sono più critiche, ma anche in altre fasi del processo si hanno emissioni scarsamente controllate. Proprio in merito ai cattivi odori vi sono state numerose segnalazione da parte dei cittadini.
Logica vorrebbe che prima di approvare ampliamenti siano realizzati studi approfonditi sull’inquinamento provocato dalla discarica e se vi siano effetti sulla salute dei cittadini. Considerato che vi è una contaminazione ambientale accertata sarebbe molto più opportuno adottare gli adempimenti previsti nelle bonifiche che inciderebbero nelle procedure di VIA per le autorizzazioni
Per tutti questi motivi non possiamo essere favorevoli ad ulteriori ampliamenti di discariche e inceneritori, occorre adottare da subito una efficace e severa politica di riduzione e recupero dei rifiuti e investire su impianti efficaci di trattamento, trasformazione e recupero degli stessi, nel rispetto delle normative europee.
Rossella Michelotti