CURE PRIMARIE, UN BENE DA CONOSCERE E PROMUOVERE

Un nuovo modo di concepire l’assistenza sanitaria sta nascendo in Italia. Lontano dai riflettori, giovani medici di Medicina Generale insieme ad infermiere ed infermieri, ostetriche, psicologhe e psicologi , antropologi ed epidemiologi stanno lavorando con passione e intelligenza alla costruzione dal basso di un nuovo modo di intendere e promuovere la salute.

 L’idea di fondo da cui tutto muove  si chiama Primary Health Care, un termine in lingua inglese coniato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) nel lontano 1978 per parlare delle Cure Primarie come strategia di base per arrivare all’ambizioso obiettivo di “Salute per tutti”, all’epoca si diceva, nell’anno 2000.

Ma cosa sono le Cure primarie, cioè il termine italiano per intendere la PHC?  Potremmo definirle come l’insieme di tutti i servizi che un Stato riesce a mettere in atto per offrire prevenzione delle malattie e assistenza sanitaria alla sua popolazione, nel proprio territorio. Questo dovrebbe essere il pilastro della buona assistenza sanitaria, da integrare con l’offerta di ospedali di eccellenza per la cura delle patologie più gravi e complesse.

 La salute è un bene multifattoriale determinato cioè da molteplici fattori: genetici, ambientali, economici, sociali e culturali. Ne consegue che, per averne cura, occorre mettere in atto una serie coordinata e consapevole di azioni in tutti i campi dell’agire umano e della organizzazione politica:  qualità dell’aria, dell’acqua, degli alimenti,  qualità del lavoro,dell’abitare, dell’educazione, del modello economico,mobilità,   offerta di tempo libero e di opportunità sportive.

Le politiche sanitarie hanno sempre privilegiato una visione centrata sulla malattia e sull’ospedale, quindi sulla terapia piuttosto che  sulla cura della salute di persone e comunità, sulla prevenzione. E questo lo abbiamo visto con la pandemia, molto ben esemplificato in Lombardia.

Ora l’ampio e crescente numero di giovani medici, e non solo medici che, a partire dalle proprie realtà di lavoro, stanno portando energia alla realizzazione di un modello ampio e integrato di Cure primarie in Italia, ha lanciato la  Campagna” PHC: now or never” per chiamare all’attivazione  il maggior numero possibile di persone attorno a questo progetto. Per la natura stessa della Primary health care, così  come intesa dalla OMS, il loro approccio è centrato sulla salute delle persone e orientato alle Comunità, in una ottica multisettoriale e multidisciplinare, centrata sulla prevenzione e sulla promozione della salute, con una forte integrazione tra sociale e sanitario, per andare incontro ai bisogni di salute complessi delle comunità.

 

Perché questa attivazione verso una riconfigurazione delle cure primarie?

Tutti abbiamo presente, in linea generale, l’attuale modello sanitario,e ne vediamo e tocchiamo con mano, oltre ai meriti, le carenze, distribuiti entrambi in maniera disomogenea sul territorio italiano.

La Sanità è gestita, più o meno virtuosamente, dalle Regioni,ciascuna con un proprio modello differenziato. Le Regioni a loro volta si suddividono in ASL (aziende sanitarie locali) che gestiscono burocraticamente e con criteri aziendali, talora discutibili, le risorse e i piani organizzativi. A loro volta le ASL di una certa entità, si suddividono ulteriormente in Distretti. La riforma nazionale Bindi del 1999 aveva messo il Distretto al centro delle cure primarie con compiti di assistenza primaria, di coordinamento tra medici di famiglia e pediatri di libera scelta con i servizi specialistici ambulatoriali e con le strutture ospedaliere ed extraospedaliere ,per l’erogazione  delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale: prevenzione e cura delle tossicodipendenze,  consultori per la famiglia,  servizi per disabili ed anziani, assistenza domiciliare.

 

 Nel 2001 con la modifica del titolo V della Costituzione, le Regioni hanno purtroppo ripreso in mano il potere e riorganizzato, ciascuna a propria discrezione, la Sanità locale, arrivando in certi casi,a cancellare il Distretto dalla mappa dei servizi sanitari regionali, come ha fatto la Lombardia che ha privatizzato moltissimo, riducendo ai minimi termini la prevenzione e centralizzando sugli ospedali.

 

 

 

E’ necessario riconfigurare il sistema di erogazione delle cure

 

Centrate sul paziente

 

In Italia, così come negli altri Paesi industrializzati, l’organizzazione sanitaria sembra non tenere in sufficiente considerazione l’evoluzione della demografia e dell’epidemiologia. L’invecchiamento della popolazione e le malattie croniche richiedono una riconfigurazione del sistema di erogazione delle cure ancora orientato al trattamento in acuto e non sufficientemente attrezzato per affrontare le condizioni cliniche multi patologiche e croniche.. I dati epidemiologici mettono in discussione il modello indirizzato ad una singola malattia che viene adottato dalla maggior parte dei sistemi sanitari, così come mettono profondamente in discussione la moltiplicazione delle specialità mediche e la formazione universitaria “disease oriented” anziché “patient oriented” dei futuri dottori.

 

Partecipazione della Comunità.

Elemento caratterizzante e imprescindibile della PHC è la partecipazione attiva della comunità  alla costruzione di proposte per il miglioramento delle condizioni di salute del territorio e per la valutazione delle politiche sanitarie locali.  

 

Medici di base: comprensività

 

Una delle caratteristiche fondamentali della medicina generale dovrebbe essere la comprensività, cioè la capacità di farsi carico della maggior parte dei problemi del paziente, fornendo un’ampia gamma di prestazioni. Nel nostro Paese invece il Medico di famiglia è un “gatekeeper”, un guardiano del cancello, che autorizza l’accesso alla visita specialistica o all’ospedale. La comprensività, valutata considerando un certo numero di attività (primo approccio clinico al paziente,primo trattamento, procedure tecniche compresa la piccola chirurgia, educazione su fumo alcol e dieta, ecc.), risulta essere sicuramente più elevata nei paesi dell’Europa nord occidentale mentre in alcuni paesi con medici gatekeeper  (Italia e Spagna), è la più bassa; in questi paesi, infatti, i medici fornisco in assoluto minori prestazioni. Se viene valutata l’attrezzatura degli ambulatori (emoglobinometro, glucometro, misuratore di colesterolo, oftalmoscopio, ecografo, audiometro, , elettrocardiografo, set per chirurgia ambulatoriale, defibrillatore) ancora una volta, contrariamente a quando si dovrebbe, in paesi  in cui i medici hanno funzione di gate-keeper questi non hanno un’attrezzatura minima sufficiente per rispondere ai problemi più frequenti.  In Olanda, per esempio, i medici di famiglia si fanno carico del 96-97% di tutti i problemi di salute delegando il restante 3-4% ad altri specialisti. Solo un luogo adeguatamente attrezzato, con più medici, infermieri, personale di segreteria, in collegamento con altre realtà del territorio, può offrire la possibilità di erogare servizi di qualità efficaci alla popolazione.

Un  tentativo di riforma in questa direzione è stata la creazione,  in alcune realtà, delle Case della Salute ma c’è il rischio che si riducano ad una esclusiva riorganizzazione dei soli servizi sanitari, perdendo di vista l’idea di salute come diritto fondamentale e bene comune essenziale per lo sviluppo sociale ed economico della comunità.

 

Conclusioni

 

Sarebbe auspicabile che tutti i cittadini, oltre ai professionisti in campo sanitario, prendessero coscienza del modello sanitario che viene offerto a ciascuno nel proprio territorio e di come potrebbe essere migliorato, con la propria partecipazione attiva, per soddisfare sempre più il bisogno di salute delle nostre comunità.

 

Preziosi Francesca – Tesoriera  Circolo Lazio

Orizzonte Oro

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